Legge sui vaccini. Missione compiuta o punto da cui ripartire?

La legge riguardo le 10 vaccinazioni obbligatorie è stata fatta. Riguardo alla parte più scientifica sui 10 vaccini richiamo al post precedente a questo.
Quindi quello che segue è, forse per la prima volta nella storia del blog, una mera riflessione personale, poco supportata da dati e quindi sentitivi liberi -sempre tenendo conto dell'educazione e del rispetto- di criticarmi e ribattere ogni idea espressa.

Ritengo la vaccinazione il più grande e meraviglioso atto, in ambito sanitario, che un genitore posa fare per il proprio figlio: a scapito di -pochissimi- rischi si protegge il figlio da patologie potenzialmente terribili. Tuttavia di animo sono un potenziale liberale e non ritengo gli obblighi (ovvio alcuni, come i limiti di velocità stradale o il non guidare camion in mezzo ad aree pedonali, sono assolutamente necessari) cose giuste, tuttavia ammetto che uno stato -per tutelare TUTTI i suoi cittadini- sia tenuto ad imporli e a trovare i mezzi migliori per farli rispettare. La legge sui vaccini, a mio avviso, nasce da questa seconda necessità.

Però, per me, questa legge nasce da un fallimento. Sì, un fallimento nato negli ambulatori medici, nei laboratori universitari e privati, nelle campagne di comunicazione, nelle aziende farmaceutiche ma, prima di tutto, un fallimento nato nella formazione e nelle università dove medici e scienziati sono cresciuti e dove -nella maggioranza dei casi- non hanno imparato a comunicare nascondendosi dietro al dito del "tu, non sai non potresti capire".
Io sono laureato in biologia della salute e nella mia carriera accademica (in due università diverse del nord Italia ndr), tranne poche nozioni in qualche esame opzionale poco frequentato, nessun esame aveva un credito che fosse uno di comunicazione della scienza al pubblico e il poco di comunicazione scientifica, e della importanza di questa, verso il "grande pubblico" era lasciato alla buon anima di qualche professore che qua e là cercava di lasciarti degli imput per renderti capace di comunicare meglio la scienza. Paradossalmente corsi in storia e comunicazione della scienza fanno parte di curriculum distanti dalla scienza praticata, da chi dovrà produrre dati e innovazione scientifico tecnologica, e parlo di lauree in filosofia, storia e simili. Non che non siano lauree importanti, ma -tranne in rari casi- difficilmente queste figure entrano nei laboratori e parlano con i ricercatori o entrano negli studi medici e negli ospedali. Risulta quindi una formazione più astratta e "sui massimi sistemi" dove invece, grazie ad internet, il pubblico può avere facilmente informazioni molto dettagliate su svariati argomenti e, visto che comunque la maggioranza della gente non è in grado di capirle, si possono (facendo le opportune operazioni di cherry picking) sfruttare queste info per indirizzare l'opinione pubblica verso le direzioni volute. In un mondo simile chi ha le migliori doti comunicative vince e, mi dispiace dirlo, ad oggi la comunità scientifica non è, mediamente, in grado di competere in comunicazione.
Il grande paradosso che vive oggi la scienza è quello di essere capace di cambiare così a fondo e rapidamente il nostro modo di vivere, di produrre, di lavorare e di pensare – ma di essere anche, di fatto, tra le meno diffuse e condivise. Con poche eccezioni, come la Corea del Sud e la Finlandia, le indagini internazionali sono quasi unanimi nel denunciare la carenza di cultura scientifica dei cittadini, anche nei paesi più avanzati. Una carenza resa peraltro sempre più grave dal continuo aumento delle conoscenze e delle loro applicazioni pratiche. A questo si aggiunga il fatto che le occasioni di attrito fra scienza e società non fanno che aumentare, sia per le conseguenze dell’introduzione di nuove tecnologie, sia per le scelte cui siamo costretti dalle nuove possibilità che ci vengono offerte, sia per l’impatto delle nuove conoscenze su credenze e valori sui quali si basano identità, culture e modi di pensare.
Questo si è visto appunto sui vaccini (da anni), ma anche antecedentemente riguardo il caso Stamina, le periodiche polemiche su OGM, cura Di Bella, scoperte varie (il blog è pieno di questi esempi, vedete qui). Sui vaccini ad esempio è facile manipolare o essere criticati su quello che si dice: una informazione non citata da un "pro-va" può, ad esempio, essere criticata da un "no-vax" semplicemente screditando l'autore dicendo "come possiamo fidarci di uno che omette questa cosa?" oppure un "no-vax" potrebbe tagliare un grafico -vero- appiattendo le statistiche facendo risultare come il vaccino non abbia contato nulla oppure prendere delle relazioni spurie mostrando che "A è correlato a B" facendo passare l'informazione che "A causa B" e smentire dei grafici dei grafici reali sarebbe sbagliato; tuttavia lo scienziato medio non è in grado di comunicare nel modo giusto per specificare i gap e trasmetterli nel modo giusto alle persone. Quindi in un mondo dove la comunicazione è sempre più "smart" (e non vuol dire in questo caso intelligente-anzi-), dove a polemica e l'andare "contro l'establishment" attraverso informazioni brevi e ultra rapide è sempre più di moda lo scienziato è spiazzato. Mi metto io per primo: i miei post sono lunghi, pieni di dati, necessitano di lettura delle fonti; insomma pur cercando di evitare la "torre d'avorio" non potranno mai avere l'impatto del video di 3 minuti fatto bene o del post di 6 righe.
Negli anni la comunità scientifica quindi è rimasta ancorata a "vecchi modi" d comunicare (comunicati stampa, notizie TV, giornali specialistici) ignorando i nuovi media emergenti facenti parti della galassia internet. Solo negli ultimi 3-4 anni sono iniziati a nascere i primi blog, pagine Facebook, video blogger e le pagine istituzionali hanno iniziato a cambiare volto diventando più "user friendly". Mezzi di comunicazione ed abilità invece ben conosciuti a quella galassia di comunicatori che poco avevano a che fare con la scienza ma che hanno trovato in questa un nuovo spazio dove inserirsi e fare facili click giocando, purtroppo, spesso sporco.
Dalla parte della scienza e dei medici, d'altra parte, si è spesso etichettato come "fanatici" e "creduloni" chiunque criticava la posizione posizione ufficiale della scienza creando così quel muro che ha portato allo scontro ideologico di adesso.
Negli ultimi anni (in fon dei conti una decina) l'accesso libero e veloce alle informazioni ha fatto cambiare il modo stesso di vivere il mondo, si è passati dalla "democrazia delle istituzioni" -dove il cittadino recepiva le informazioni dalle istituzioni in modo fiducioso- alla "democrazia della piazza" -dove ogni cosa viene discussa dando egual peso a chiunque dica qualcosa che sia il blogger anonimo di quartiere o il professore di Harvard-. L'informazione prima quindi non era simmetrica, esisteva un donatore parlante e un ricevente muto "contenitore"; ora invece il carico (per non dire sovraccarico) di informazioni accessibili velocemente e facilmente ha portato a far sì che, soprattutto in certe fasce di popolazione, si creassero sovraccarichi e cortocircuiti che creano quelle conclusioni sbagliate che sono alla base del fenomeno delle fake news. Ora oltre alle vere bufale, si diffondono "notizie autocostruite" basate sul consumo rapido di informazioni anche vere ma lette in modo sbagliato.
Al trio "facile informazione"-"web"-"sospetto-sfiducia istituzionale" la scienza e gli scienziati non hanno saputo contrapporre metodi efficaci: oltre ai no-vax, infatti troviamo terrapiattisti (sì gente che crede che la terra sia piatta), negazionisti del surriscaldamento climatico, sciachimisti ecc ecc.

Tornando all'argomento "legge sui vaccini" ritengo sia una legge abbastanza buona, tuttavia mi trovo critico in alcuni punti che qui elencherò per importanza:
1) mancato obbligo vaccinale per operatori sanitari ed insegnati: ad esempio circa il 6% delle infezioni da morbillo capita fra operatori sanitari e questi sono a contatto con i soggetti più deboli, non vaccinare loro vuol dire asciare un campo d'azione alla patologia proprio verso fasce più problematiche
2) eliminazione delle meningiti dagli obbligatori: la meningite è pericolosa e contagiosa, condizioni che la renderebbero adatta alla vaccinazione obbligatoria
3) inserimento dei monitoraggi verso il morbillo, parotite, rosolia che fra tre anni potrebbero diventare fra i consigliati, piuttosto -se proprio si voleva fare una mossa del genere- si poteva fare la poliomielite fra questo monitoraggio, non perchè non sa pericolosa, ma perchè l'Europa è polio free e nel mondo la campagna di eradicazione sta andando abbastanza bene
L'introduzione dei vaccini singoli, la riduzione delle sanzioni e l'introduzione elle autocertificazioni sono motivi squisitamente politici e non scientifici che non mi sento di criticare troppo.

L'obbligo delle vaccinazioni si è reso necessario perché il calo delle vaccinazioni è reale e aveva raggiunto livelli soglia pericolosi.
Tuttavia, a mio avviso, questo parte da un errore comunicativo di comunità medico-scientifica verso i fruitori della medicina; situazione protratta per troppi anni che ora, nonostante l'obbligo, sarà difficile superare. Anzi l'obbligo -pur portando all'aumento delle soglie-rischia di diventare un motivo per inasprire gli animi ulteriormente.
D'ora in poi nel prossimo periodo bisogna imparare a comunicare meglio, anche sul tema vaccini perché la questione non è affatto chiusa anzi: se si comunica meglio la gente andrà a vaccinarsi non per obbligo (a mio avviso un obbligo non è una cosa positiva in sé), ma per convinzione e quella perdura meglio di una legge parlamentare. I vaccini sono cosa più che buona, bisogna comunicarlo nel modo giusto.

Il primo vaccino va fatto contro l'ignoranza e la sfiducia il resto viene da sé.

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