Il caffè ci salverà davvero?
Bentornati
Questo è un post davvero per "una ricerca dice "Il caffè allunga a vita, basta una tazzina al giorno. Due nuovi studi su Annals of Internal Medicine suggeriscono che il consumo di caffeina è associato a un minore rischio di mortalità" titola "La Repubblica".
A parte l'errore grammaticale "allunga a vita" con chiaro errore di battitura che dimentica una "l", l'articolo si rifà a due ricerche che studiano l'associazione fra mortalità e assunzione di caffè.
Come l'articolo sulle patatine fritte, anche questi due studi sono di tipo osservazionale, cioè non indagano rapporti causa-effetto, ma un correlazione fra uno dato (in questo caso assunzione di caffè) ed un altro (in questo caso mortalità) in una popolazione per un lasso di tempo. Gli studi di questo tipo sono sempre da prendere con le pinze, perchè se è vero che offrono spunti di riflessione e informazioni sulla "salubrità" di certi stili di vita, è anche vero che -nonostante gli sforzi dei ricercatori- il rischio di non considerare altri fattori o di incorrere in "effetti casuali" è sempre dietro l'angolo.
Il primo studio [1] è un grosso studio comprendente più di 450000 persone provenienti da 10 Stati europei seguite in media per più di 16 anni. Lo studio fa parte del progetto EPIC (un nome un perché si potrebbe dire) che vuole "indagare i rapporti tra dieta, stato nutrizionale, lo stile di vita e fattori ambientali, e l'incidenza del cancro e di altre malattie croniche" in Europa. Lo studio è coordinato dalla IARC (l'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro sotto il cappello dell'organizzazione mondiale della sanità) e quindi sulla sua serietà nutro pochi dubbi. Lo studio avendo questa copertura europea e grande popolazione ha infatti un numero di autori (ricercatori partecipanti allo studio) molto elevato cioè 49, fra cui molti italiani (sia attivi in Italia che ricercatori all'estero), fra cui l'ultimo nome (generalmente il coordinatore dello studio), italiano ricercatore a Londra (non c'è bisogno di comment credo...).
Lo studio indaga quindi l'effetto sulla mortalità in relazione al consumo di caffè e su una sottopopolazione (14800 soggetti) va a misurare anche parametri biochimici riguardo funzionamento del fegato, infiammazione e parametri legati al metabolismo per approfondire anche aspetti biologici. Cosa trova? Normalizzando (cioè facendo un'analisi statistica con cui si escludono influenze esterne) per parametri confondenti (indice di massa corporea, abitudine al fumo, uso di alcool ecc) nota che un maggior consumo di caffè è associato ad una minore mortalità nell'arco dei 16 anni di monitoraggio.
La popolazione è molto ampia e l'articolo molto articolato. In sintesi i ricercatori trovano che il consumo da 1 a tre tazze di caffè al giorno fa diminuire mediamente la percentuale di mortalità tra il 4 e il 6%. Ottimo direte.. ma siete sicuri?
Qua in Italia, secondo l'articolo, sarà difficile raggiungere praticamente una tazzina di caffè al giorno... eh sì perché l'articolo considera "tazza di caffè" una cosa come 237 mL, cioè quasi mezza bottiglietta da mezzo litro, in pratica (ho fatto la prova empirica) 4 tazzine da bar piene fino all'orlo. Tutti i risultati (dalla mortalità ai parametri biochimici) risultano sostanzialmente uguali sia per chi consuma caffè normale sia per chi consuma caffè decaffeinato.
Infatti la tabella supplementare 2 mostra come il consumo medio giornaliero di caffè in Italia sia di 92 mL contro una media europea di 380 mL. Inoltre ad una prima analisi (prendendo i dati dalla tabella in appendice 2) sembra che le morti aumentino (in modo non costante per carità) in base alla quantità di caffè giornaliera assunta (vedi primo grafico). Tuttavia questo dato non tiene conto di "fattori confondenti" (fumo, peso, età, consumo di alcool, importo calorico giornaliero ecc) che possono essere legati al consumo di caffè e pure alla mortalità.
Andando, come ho detto prima, a normalizzare rispetto ai fattori confondenti ecco che il rischio generale diminuisce (per farla semplicistica i sovrappeso che bevono caffè muoiono meno, i fumatori che bevono caffè muoiono meno dei non consumatori di caffè ecc ecc). Ad esempio si è notato che con l'aumento dell'età si ha un trend in aumento nel consumo di caffè e in contemporanea un aumento della mortalità (beh ovvio) come con l'età aumenta la frequenza di cancro... quindi questi fattori vanno valutati e "scollegati" dal consumo di caffè per valutare l'impatto che questo ha sulla mortalità; facendo questa operazione il rischio di mortalità di abbassa come dal grafico.
Altro dato interessante è l'incidenza di patologie, tranne che per il cancro un consumo tra 1 e 3 "tazze" di caffè al giorno fa diminuire praticamente tutte le patologie.
Alcune correlazioni sono più forti negli uomini o nelle donne (esempio il suicidio diminuisce più fortemente negli uomini che nelle donne , mentre il cancro viceversa aumenta nelle donne rispetto agli uomini in proporzione all'assunzione di caffè).
Il risultato sul cancro contrasta con quanto già visto in letteratura e sintetizzato nel rapporto della IARC precedente allo studio, dove il caffè era considerato non tossico e non classificato (categoria 3). Tuttavia altri studi scientifici hanno riportato in precedenza la correlazione tra consumo di caffè e tumore all'ovaio anche se non state trovati meccanismi d'azione che spigherebbero questo collegamento; ciò potrebbe spiegare perché nelle donne l'incidenza del cancro aumenta. Interessante sarebbe pure la forte diminuzione delle patologie digestive che smentirebbe il luogo comune "ho mal di pancia non bevo caffè" ma ovviamente anche le patologie digestive sono miriadi (dalle intolleranze alle ulcere) e ogni caso è a sé. Riguardo le patologie cardiovascolari mediamente diminuiscono ma l'infarto, negli uomini e non nelle donne, aumenta. Mediamente i parametri biochimici mostrano una salute epatiche maggiore per i bevitori di caffè e confermano i marker diagnostici (sia positivi che negativi) per le patologie studiate.
Il secondo studio [2] invece è stato svolto in USA ed indaga la mortalità fra la popolazione "non bianca" e il consumo di caffè. La popolazione è anche qui molto ampia (185855 persone) e pescata fra varie etnie (dai giapponesi agli afroamericani, dagli hawaiani ai latinoamericani) e studiata per circa 16 anni. Questo studio non riporta cosa si intende come "tazza", ma non mostra sostanziali differenze fra cause di morte e consumo di caffè rispetto al precedente studio, almeno per chi consuma da 1 a 3 tazze di caffè al giorno. Per chi ne consuma meno di una o più di 4 al giorno i risultati iniziano ad essere più incerti e confondenti.
Gli autori di entrambi gli studi infine mettono in luce le stesse criticità: sono studi solo osservazionali (vedi storia patatine fritte) (anche se il primo qualche parametro biochimico con indicazioni causali lo mette), il numero di fattori confondenti (il fumo per entrambi, la variabilità nel consumo di caffè fra i vari Paesi nel primo o la variabile etnica nel secondo solo per citarne alcuni) rendono difficile l'analisi statistica e sono possibili errori o fattori non studiati, il consumo di caffè cambia nei 16 anni (c'è chi smette, chi inizia, chi diminuisce, chi aumenta il consumo di caffè) e ciò rende difficile monitorare se l'effetto è legato al consumo in specifiche età o meno. Io aggiungo che la quantità e la tipologia di caffè (soprattutto nel primo articolo) sarebbero stati da tenersi in considerazione: un espresso non è paragonabile ad un americano o altre tipologie di caffè bevute all'estero come composizione.
Molti altri studi correlano il consumo di caffè ad una minor incidenza di malattie cardiovascolari, epatiche o patologie croniche. Come già detto invece altri studi evidenziano una maggior incidenza di tumore alle ovaie in relazione al consumo di caffè, mentre in linea generale non ci sono evidenze di effetti sullo sviluppo di altri tumori, se non addirittura un effetto protettivo.
In realtà gli studi non dicono nulla di così nuovo e sconvolgente tanto che in letteratura si trovano già articoli sull'effetto della mortalità o la salute, infatti anche recenti linee guida americane consigliano -assieme ad uno stile di vita sano- un moderato consumo di caffè.
Insomma: fate una vita sana, attività fisica e, sì, fatevi un caffè ogni tanto ma non sarà quello che, probabilmente, vi farà campare 100 anni.
FONTI
http://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2017/07/10/news/il_caffe_allunga_a_vita-170479223/
https://www.theguardian.com/science/2017/jul/10/coffee-cuts-risk-of-dying-from-stroke-and-heart-disease-study-suggests
http://annals.org/aim/article/2643433/association-coffee-consumption-total-cause-specific-mortality-among-nonwhite-populations
http://annals.org/aim/article/2643435/coffee-drinking-mortality-10-european-countries-multinational-cohort-study
http://monographs.iarc.fr/ENG/Monographs/vol51/mono51-6C.pdf
https://health.gov/dietaryguidelines/2015/guidelines/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28703735
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28697850
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28675917
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28671769
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20335629
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12639222
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21298466
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23934579
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25156996
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25089347
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26376477
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28446037
Questo è un post davvero per "una ricerca dice "Il caffè allunga a vita, basta una tazzina al giorno. Due nuovi studi su Annals of Internal Medicine suggeriscono che il consumo di caffeina è associato a un minore rischio di mortalità" titola "La Repubblica".
A parte l'errore grammaticale "allunga a vita" con chiaro errore di battitura che dimentica una "l", l'articolo si rifà a due ricerche che studiano l'associazione fra mortalità e assunzione di caffè.
Come l'articolo sulle patatine fritte, anche questi due studi sono di tipo osservazionale, cioè non indagano rapporti causa-effetto, ma un correlazione fra uno dato (in questo caso assunzione di caffè) ed un altro (in questo caso mortalità) in una popolazione per un lasso di tempo. Gli studi di questo tipo sono sempre da prendere con le pinze, perchè se è vero che offrono spunti di riflessione e informazioni sulla "salubrità" di certi stili di vita, è anche vero che -nonostante gli sforzi dei ricercatori- il rischio di non considerare altri fattori o di incorrere in "effetti casuali" è sempre dietro l'angolo.
Il primo studio [1] è un grosso studio comprendente più di 450000 persone provenienti da 10 Stati europei seguite in media per più di 16 anni. Lo studio fa parte del progetto EPIC (un nome un perché si potrebbe dire) che vuole "indagare i rapporti tra dieta, stato nutrizionale, lo stile di vita e fattori ambientali, e l'incidenza del cancro e di altre malattie croniche" in Europa. Lo studio è coordinato dalla IARC (l'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro sotto il cappello dell'organizzazione mondiale della sanità) e quindi sulla sua serietà nutro pochi dubbi. Lo studio avendo questa copertura europea e grande popolazione ha infatti un numero di autori (ricercatori partecipanti allo studio) molto elevato cioè 49, fra cui molti italiani (sia attivi in Italia che ricercatori all'estero), fra cui l'ultimo nome (generalmente il coordinatore dello studio), italiano ricercatore a Londra (non c'è bisogno di comment credo...).
Lo studio indaga quindi l'effetto sulla mortalità in relazione al consumo di caffè e su una sottopopolazione (14800 soggetti) va a misurare anche parametri biochimici riguardo funzionamento del fegato, infiammazione e parametri legati al metabolismo per approfondire anche aspetti biologici. Cosa trova? Normalizzando (cioè facendo un'analisi statistica con cui si escludono influenze esterne) per parametri confondenti (indice di massa corporea, abitudine al fumo, uso di alcool ecc) nota che un maggior consumo di caffè è associato ad una minore mortalità nell'arco dei 16 anni di monitoraggio.
La popolazione è molto ampia e l'articolo molto articolato. In sintesi i ricercatori trovano che il consumo da 1 a tre tazze di caffè al giorno fa diminuire mediamente la percentuale di mortalità tra il 4 e il 6%. Ottimo direte.. ma siete sicuri?
Qua in Italia, secondo l'articolo, sarà difficile raggiungere praticamente una tazzina di caffè al giorno... eh sì perché l'articolo considera "tazza di caffè" una cosa come 237 mL, cioè quasi mezza bottiglietta da mezzo litro, in pratica (ho fatto la prova empirica) 4 tazzine da bar piene fino all'orlo. Tutti i risultati (dalla mortalità ai parametri biochimici) risultano sostanzialmente uguali sia per chi consuma caffè normale sia per chi consuma caffè decaffeinato.
Infatti la tabella supplementare 2 mostra come il consumo medio giornaliero di caffè in Italia sia di 92 mL contro una media europea di 380 mL. Inoltre ad una prima analisi (prendendo i dati dalla tabella in appendice 2) sembra che le morti aumentino (in modo non costante per carità) in base alla quantità di caffè giornaliera assunta (vedi primo grafico). Tuttavia questo dato non tiene conto di "fattori confondenti" (fumo, peso, età, consumo di alcool, importo calorico giornaliero ecc) che possono essere legati al consumo di caffè e pure alla mortalità.
Andando, come ho detto prima, a normalizzare rispetto ai fattori confondenti ecco che il rischio generale diminuisce (per farla semplicistica i sovrappeso che bevono caffè muoiono meno, i fumatori che bevono caffè muoiono meno dei non consumatori di caffè ecc ecc). Ad esempio si è notato che con l'aumento dell'età si ha un trend in aumento nel consumo di caffè e in contemporanea un aumento della mortalità (beh ovvio) come con l'età aumenta la frequenza di cancro... quindi questi fattori vanno valutati e "scollegati" dal consumo di caffè per valutare l'impatto che questo ha sulla mortalità; facendo questa operazione il rischio di mortalità di abbassa come dal grafico.
Altro dato interessante è l'incidenza di patologie, tranne che per il cancro un consumo tra 1 e 3 "tazze" di caffè al giorno fa diminuire praticamente tutte le patologie.
Alcune correlazioni sono più forti negli uomini o nelle donne (esempio il suicidio diminuisce più fortemente negli uomini che nelle donne , mentre il cancro viceversa aumenta nelle donne rispetto agli uomini in proporzione all'assunzione di caffè).
Il risultato sul cancro contrasta con quanto già visto in letteratura e sintetizzato nel rapporto della IARC precedente allo studio, dove il caffè era considerato non tossico e non classificato (categoria 3). Tuttavia altri studi scientifici hanno riportato in precedenza la correlazione tra consumo di caffè e tumore all'ovaio anche se non state trovati meccanismi d'azione che spigherebbero questo collegamento; ciò potrebbe spiegare perché nelle donne l'incidenza del cancro aumenta. Interessante sarebbe pure la forte diminuzione delle patologie digestive che smentirebbe il luogo comune "ho mal di pancia non bevo caffè" ma ovviamente anche le patologie digestive sono miriadi (dalle intolleranze alle ulcere) e ogni caso è a sé. Riguardo le patologie cardiovascolari mediamente diminuiscono ma l'infarto, negli uomini e non nelle donne, aumenta. Mediamente i parametri biochimici mostrano una salute epatiche maggiore per i bevitori di caffè e confermano i marker diagnostici (sia positivi che negativi) per le patologie studiate.
Il secondo studio [2] invece è stato svolto in USA ed indaga la mortalità fra la popolazione "non bianca" e il consumo di caffè. La popolazione è anche qui molto ampia (185855 persone) e pescata fra varie etnie (dai giapponesi agli afroamericani, dagli hawaiani ai latinoamericani) e studiata per circa 16 anni. Questo studio non riporta cosa si intende come "tazza", ma non mostra sostanziali differenze fra cause di morte e consumo di caffè rispetto al precedente studio, almeno per chi consuma da 1 a 3 tazze di caffè al giorno. Per chi ne consuma meno di una o più di 4 al giorno i risultati iniziano ad essere più incerti e confondenti.
Gli autori di entrambi gli studi infine mettono in luce le stesse criticità: sono studi solo osservazionali (vedi storia patatine fritte) (anche se il primo qualche parametro biochimico con indicazioni causali lo mette), il numero di fattori confondenti (il fumo per entrambi, la variabilità nel consumo di caffè fra i vari Paesi nel primo o la variabile etnica nel secondo solo per citarne alcuni) rendono difficile l'analisi statistica e sono possibili errori o fattori non studiati, il consumo di caffè cambia nei 16 anni (c'è chi smette, chi inizia, chi diminuisce, chi aumenta il consumo di caffè) e ciò rende difficile monitorare se l'effetto è legato al consumo in specifiche età o meno. Io aggiungo che la quantità e la tipologia di caffè (soprattutto nel primo articolo) sarebbero stati da tenersi in considerazione: un espresso non è paragonabile ad un americano o altre tipologie di caffè bevute all'estero come composizione.
Molti altri studi correlano il consumo di caffè ad una minor incidenza di malattie cardiovascolari, epatiche o patologie croniche. Come già detto invece altri studi evidenziano una maggior incidenza di tumore alle ovaie in relazione al consumo di caffè, mentre in linea generale non ci sono evidenze di effetti sullo sviluppo di altri tumori, se non addirittura un effetto protettivo.
In realtà gli studi non dicono nulla di così nuovo e sconvolgente tanto che in letteratura si trovano già articoli sull'effetto della mortalità o la salute, infatti anche recenti linee guida americane consigliano -assieme ad uno stile di vita sano- un moderato consumo di caffè.
Insomma: fate una vita sana, attività fisica e, sì, fatevi un caffè ogni tanto ma non sarà quello che, probabilmente, vi farà campare 100 anni.
FONTI
http://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2017/07/10/news/il_caffe_allunga_a_vita-170479223/
https://www.theguardian.com/science/2017/jul/10/coffee-cuts-risk-of-dying-from-stroke-and-heart-disease-study-suggests
http://annals.org/aim/article/2643433/association-coffee-consumption-total-cause-specific-mortality-among-nonwhite-populations
http://annals.org/aim/article/2643435/coffee-drinking-mortality-10-european-countries-multinational-cohort-study
http://monographs.iarc.fr/ENG/Monographs/vol51/mono51-6C.pdf
https://health.gov/dietaryguidelines/2015/guidelines/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28703735
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28697850
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28675917
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28671769
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20335629
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12639222
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21298466
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23934579
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25156996
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25089347
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26376477
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28446037
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