Retrospettivo, descrittivo, prospettico... che vuol dire?

In questo blog abbiamo spesso parlato di studi osservazionali... ma cosa sono? Che studi esistono e perché è importante distinguerli?
Beh oggi vi parlerò di tutte queste tipologie di studi e cercherò di farvi capire, possibilmente con degli esempi, pregi e limiti di questi.
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Come dice il nome, gli studi osservazionali osservano una situazione, ma non intervengono su di essa.
Sono quindi caratterizzati dall'assenza di intervento attivo da parte dei ricercatori, che si limitano a osservare i fenomeni.

Si dividono in tre macro-categorie:
- Studi descrittivi
I ricercatori osservano e descrivono, senza effettuare particolari analisi statistiche (se non classiche medie, frequenze, deviazioni standard). Servono semplicemente a fotografare lo stato di una situazione: qual'è lo stato di forma di una popolazione? Quanti fumano? Come è distribuita la ricchezza? Ecc... Fanno parte di questa categoria anche i cosiddetti "case reports" cioè la descrizione di casi particolari. Anche se spesso bollati come studi di bassa importanza n realtà non lo sono: rivestono invece un ruolo molto importante per conoscere lo stato di forma di una popolazione per effettuare eventuali campagne informative o di prevenzione, oppure risultano utili di nuove malattie o di frequenze insolite di esse.
Un frequente errore nella loro interpretazione è sovrastimarne l’importanza dei risultati; in realtà, questi dovrebbero essere testati, prima di generalizzarne i risultati, mediante studi analitici. Molto spesso questi studi portano a report di agenzie nazionali di controllo e più raramente a veri e propri studi scientifici peer-review, tuttavia potete avere un esempio di studio descrittivo qui.



- Studi trasversali
In ambito clinico vengono utilizzati per valutare l’accuratezza diagnostica dei test. Infatti, il  metodo di riferimento della ricerca diagnostica è uno  studio trasversale dove un gruppo di pazienti con sospetto di malattia viene sottoposto, in maniera cieca e indipendente, al test diagnostico in studio e al gold-standard (cioè il miglior test disponibile) di riferimento; così facendo si può vedere se il nuovo test è migliore del precedente. Gli studi trasversali sono “puntuali” perché esposizioni ed esiti vengono misurati contestualmente nello stesso periodo.

- Studi analitici
In questi studi i ricercatori non si limitano a osservare e descrivere, ma analizzano i dati delle osservazioni e li mettono in relazione fra loro. Prevedono analisi statistiche più complesse rispetto ai precedenti e possono fornire interessanti spunti su fattori di rischio e possibili interazioni causa-effetto. Formalmente tali studi prevedono un gruppo di controllo (generalmente definito "non esposto") e uno o più gruppi di analisi (definiti esposti), ma in realtà (anche se sempre più raramente) alcuni di essi vengono condotti su un solo gruppo di pazienti esposti per rispondere a specifici quesiti (ad esempio: "lavorare in una certa fabbrica causa una malattia?". In questo caso non ci sono gruppi di controllo se non la popolazione generale o altri studi descrittivi). Questa classe di studi si svolge generalmente in popolazioni ben definite e in archi temporali relativamente circoscritti: sono utili quindi proprio a ipotizzare relazioni causa-effetto o esposizione-esito. La maggior parte degli studi che riguardano la nutrizione e/o che fanno notizia sono studi di questo tipo.
Gli studi analitici si dividono a loro volta in due classi: studi retrospettivi e studi prospettici.
Gli studi retrospettivi partono dall'analisi di un esito (esempio la popolazione che ha sviluppato tumore alla lingua) e va a vedere se negli anni precedenti questa popolazione ha tenuto dei comportamenti diversi (ad esempio ha mangiato caramelle gommose) rispetto a chi non ha avuto tumore alla lingua. Vado quindi a vedere a posteriori se un determinato esito è correlato a dei comportamenti tenuti precedentemente. I pregi di questi studi è che posso andare molti indietro negli anni, selezionare specifici comportamenti e avere a disposizione potenzialmente enormi numeri di casi. I difetti sono la raccolta dati: non si è chiesto precedentemente alla popolazione di registrare i comportamenti e quindi rischiano di esserci errori riguardo ciò che è avvenuto nel passato.
Un esempio di studio alimentare retrospettivo è questo tra relazione di thè e caffè e tumore al polmone: in questo studio si vede tuttavia come il consumo di caffè e thè nero siano imprecisi nel consumo abituale (giornaliero, settimanale ecc..) nel lungo periodo ed infatti si concentra di più sui dati nell'ultimo anno. Tuttavia al contrario di altri studi non rischiano di modificare il comportamento dei partecipanti: in altri studi i partecipanti potrebbero modificare il proprio comportamento sapendo di essere sotto analisi e quindi falsificare i risultati o sbilanciare il campione, analizzando la popolazione a posteriori non 'è questo rischio.
Gli studi prospettici funzionano in modo contrario: arruolano dall'inizio delle persone e le analizzano, dopo un tot di anni le persone si va a vedere se le persone hanno avuto o meno un determinato effetto.
Funzionando in modo contrario, rispetto agli studi retrospettivi, possono fornire indicazioni diverse. Prima di tutto si ha la possibilità di scegliere la popolazione di "esposizione" e confrontarla con una non esposta, poi si possono selezionare caratteristiche specifiche della popolazione in analisi: in questo caso si parla di studi di coorte.
Una coorte è una popolazione circoscritta che presenta una o più caratteristiche in comune. Di fatto tutti gli studi prospettici sono di coorte, nel selezionare la popolazione in analisi i ricercatori operano sempre delle scelte di inclusione e di esclusione operando di fatto una scelta di coorte; dall'alimentazione all'età, dall'appartenenza geografica al livello di attività fisica qualunque fattore in comune può selezionare una coorte nella sua concezione più generale. Per correttezza c'è da dire che anche gli studi retrospettivi possono essere di coorte.
Il selezionare in partenza e seguire una popolazione dà dei vantaggi notevoli: si può selezionare singoli fattori di rischio e vedere se ci sono popolazioni più vulnerabili; inoltre così è possibile escludere parte di popolazione che non ha seguito linee guida o di cui non abbiamo dati corretti. Tuttavia questi studi hanno limiti notevoli a loro volta: può essere più difficile arrivare a grandi numeri (anche se talvolta ci si arriva) e il fatto che, sapendo di partecipare ad uno studio, la popolazione cambi le sue abitudini alla partenza dello studio. Infine c'è la tempistica: è sicuramente molto impegnativo, per non dire quasi impossibile, per i ricercatori seguire una popolazione per molto tempo. Seguire una popolazione, raccoglierne i dati, catalogarli, vederne gli esiti, diagnosticare le patologie con metodologie -se non identiche- coerenti e similari per tanti anni include molto sforzo (incluso quello etico: se emergono evidenze di patogenicità durante lo studio è giusto non informarne i partecipanti? Se nascono nuove tecniche di diagnosi precoce o differenziale durante lo studio che ne modificherebbero i risultati sarebbe giusto non applicarle?) che per fondi e per esigenze scientifiche diventano impossibili da fare. Qui uno studio prospettico sempre sul tema caffè e tumore al polmone.


Per spiegarmi meglio farò un esempio non biologico: voglio capire per quale motivo le macchine vengono rottamate.
Parto da uno studio descrittivo: vado da meccanici e concessionari autorizzati e chiedo le motivazioni per il quale l'auto è stata rottamata e vedo che 10 macchine su 100 hanno i freni rotti.

A questo punto voglio capire perché alle macchine si rompono i freni.
Posso fare uno studio retrospettivo: vado da concessionarie e meccanici e vado a vedere un po' di parametri. Sarà relativamente facile risalire all'età dell'auto, ai numeri di km fatti, al numero di proprietari avuti ecc... tuttavia sarà difficile risalire a tanti dettagli come il numero di frenate brusche effettuate, se hanno viaggiato in autostrada o circuiti cittadini e tanti altri fattori che possono incidere sull'usura dei freni. Inoltre il confronto sarà facile farlo nei confronti delle auto rottamate per motivi diversi dai freni rotti, ma molto difficile confrontarle con auto pari età e/o chilometraggio uguale ma perfettamente funzionanti. Certo potrò avere molte auto e anche molto vecchie (potenzialmente da 0 a infiniti anni di utilizzo, tuttavia perderò dettagli.
Tuttavia posso scegliere uno studio prospettico: chiedo a 1000 proprietari di auto di segnalare quanti chilometri fanno, numero di stop e ripartenze ogni 10 km di viaggio, se e quante frenate brusche hanno effettuato, ecc... per 10 anni e alla fine vedere se ci sono caratteristiche in comune e diverse tra le auto che hanno avuto guasti ai freni e quelle che non li hanno avuti. Potrei fare anche di meglio: selezionare autisti che guidano almeno per il 70% del loro tragitto in autostrada e il rimanente in circuiti cittadini verso quelli che nel percorrono meno del 30% in autostrada e almeno il 70% in circuiti cittadini e vedere se il tipo di strada percorsa (unita ad altri fattori) influenza i guasti ai freni. Tuttavia in questo caso rischio di perdere elementi come un uso sul lunghissimo periodo dell'auto, escludo alcune tipologie di autisti (chi fa il 50% in autostrada lo escludo), sapendo che è sotto osservazione gli autisti potrebbero fare più attenzione a come frenano e non è affatto detto che la popolazione da me selezionata descriva bene la popolazione generale vista nello studio descrittivo.

Nonostante il mondo scientifico si orienti sempre di più su studi prospettici (considerati più vantaggiosi); retrospettivo e prospettico sono due facce della stessa medaglia che forniscono informazioni simili ma diverse e complementari. Nessuno di questi studi dà però conferme di relazioni causa effetto in quanto osservano solo una situazione e vanno a vedere similitudini e differenze fra i vari gruppi presi in analisi. Nessuno di questi studi va a vedere meccanismi d'azione (possibili solo con studi sperimentali) o se c'è una vera relazione di causalità tra effetti ed esposizioni.

Fonti:
http://old.iss.it/binary/publ/cont/15_44_web.pdf

https://www.evidence.it/articoli/pdf/2010_2_3.pdf

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