COME IL NOSTRO INTESTINO REGOLA LE NOSTRE EMOZIONI?


“Sono finalmente giunto alla conclusione che all'uomo serva un buon intestino più di qualsiasi cervello”
- Josh Billings -
Oggi, grazie a KIT - Knowledge Improving Tools e alla nostra amica Dott.sa Chiara Cavalieri, analizzeremo insieme i vari ruoli del nostro microbiota.
Capire il modo in cui il microbiota intestinale influenza il nostro comportamento, rappresenta una grande sfida per il futuro. Nuovi studi infatti confermano che il nostro cervello, l’intestino ed i microbi intestinali, parlano tra loro con un linguaggio biologico comune, attraverso un percorso bidirezionale, lungo quello che è chiamato asse intestino-microbiota-cervello.

Il principale canale di comunicazione tra i neuroni del sistema nervoso intestinale e quelli del sistema nervoso centrale è il nervo vago, il più lungo dei dodici nervi cranici, questo si estende dalla base del cervello fino all'addome e i batteri intervengono secernendo alcuni neurotrasmettitori simili a quelli prodotti dal cervello. Questi neurotrasmettitori sono le "parole" utilizzate dai neuroni per comunicare tra loro, essi stimolano i neuroni dell'intestino, o neuroni enterici, che a loro volta comunicano con i neuroni del cervello tramite appunto il nervo vago. Questa complessa rete di comunicazione oltre a coinvolgere vie neurali, coinvolge anche vie ormonali, metaboliche e immunitarie.

Alterazioni dell’asse intestino-microbiota-cervello sono associate a sintomi psichiatrici legati allo stress, come ansia e depressione, a malattie neurodegenerative, a modifiche del tono dell’umore e problemi intestinali.
Ad oggi in letteratura troviamo un forte interesse per l’argomento, ma ancora una certa carenza di studi sull'uomo. Tra questi, la maggior parte sono basati sulla somministrazione di probiotici e placebo in soggetti con patologie psichiatriche o intestinali accertate, con lo scopo di trovare nuovi approcci terapeutici.
Insomma, in questo contesto, difficilmente si va a studiare l’umore o i comportamenti sociali umani.
Sono invece numerosissimi gli esperimenti condotti su animali privi di microbiota, nati e cresciuti in ambienti totalmente sterili e in condizioni controllate, chiamati germ-free. Questo perché, come detto nel precedente articolo sul microbiota umano (che però vale anche per gli altri mammiferi), nelle normali condizioni naturali l’intestino viene colonizzato dai primi batteri solo durante il parto. Poi nella prima fase della vita, l’animale va a completare la “flora intestinale” per contatto con l’ambiente esterno (e con il cibo). Questi studi ci permettono di avere risposte interessanti sui collegamenti intestino-cervello e su come il nostro microbiota possa condizionare lo stato di benessere, l’umore e i comportamenti sociali.

Stress e depressione sono in realtà problemi intestinali?

La via di segnalazione del nervo vago, come abbiamo detto, è a doppio senso.
In seguito ad un evento stressante, nel nostro cervello si attiva il rilascio di ormoni e neurotrasmettitori specifici. A loro volta, questi messaggeri influenzano la fisiologia intestinale alterando l'habitat del microbiota, modificano l'espressione genica dei batteri e la capacità di comunicare tra batteri diversi, determinando una crescita preferenziale di alcune specie rispetto ad altre.
D’altro canto, alcuni batteri sono in grado di produrre diversi neurotrasmettitori e neuromodulatori e uno dei più importanti è, non a caso, la serotonina, l’ormone della felicità. Pensate che la serotonina è prodotta per circa il 95% dai nostri batteri commensali ed è importantissima nei processi di regolazione dell’umore. Un livello elevato di serotonina aumenterà il nostro senso di benessere, mentre un basso livello potrà indurre uno stato depressivo. L'acido gamma-aminobutirrico (GABA), le catecolamine e l'acetilcolina invece, secreti dai batteri nel lume intestinale, possono attivare una via di segnalazione che porta a cambiamenti nel nostro comportamento.

“Agire di pancia” quindi, non è più solo un modo di dire molto diffuso. Ad esempio, esistono diversi studi sul triptofano (di cui abbiamo parlato nel precedente articolo sul microbiota), un amminoacido che viene normalmente metabolizzato e trasformato in serotonina risultando, almeno in parte, la ragione dell’attività anti-depressiva attribuita al cioccolato, ricco appunto in triptofano.
In alcuni individui tuttavia, per effetto di alterazioni del microbiota, può verificarsi l’attivazione di un enzima diverso da quello classico. Quindi, percorrendo una diversa via metabolica, il triptofano viene trasformato in acido chinurenico, che oltre ad avere un nome strano non ha alcuna proprietà rilassante o anti-depressiva e anzi, può contribuire alla comparsa di deficit cognitivi.
Quello che è certo, come riportato in alcuni studi recenti, è che individui con diagnosi di depressione hanno una composizione del microbiota intestinale alterata rispetto a gruppi di controllo “non depressi”, mostrando un numero significativamente più basso di batteri protettivi come Bifidobacterium eLactobacillus. Se questi soggetti vengono poi sottoposti a terapia a base di probiotici, dopo alcune settimane, mostrano miglioramenti significativi dello stato depressivo e della somatizzazione, con cali di aggressività e ansia e bassi livelli di cortisolo, l’ormone dello stress.
Inoltre, studi paralleli sui topi, hanno dimostrato che trasferendo il microbiota umano di soggetti depressi nell'intestino di animali germ-free, si riscontrano caratteristiche comportamentali e fisiologiche tipiche della depressione, come ansia e difficoltà a reagire in situazioni di stress.
Quindi se è chiaro che il microbiota intestinale gioca un ruolo chiave nella modulazione della depressione, c’è ancora da capire se sia il microbiota alterato a indurre uno stato depressivo o se in seguito ad uno stato depressivo si alteri il microbiota. Un po’ come capire se quello che nuota “è un pesce perché sta nell'acqua” o “sta nell'acqua perché è un pesce”. Non sempre è semplice venirne a capo.

Ti senti lo stomaco chiuso?

Quante volte vi è capitato di soffrire problemi intestinali alle porte di un esame importante o di un incontro di lavoro o dopo un evento traumatico?
In queste situazioni, tutti noi abbiamo sperimentato qualche disturbo gastrointestinale come diarrea, gonfiore o semplice difficoltà di digestione. Stati di stress mentali e pensieri negativi attivano i circuiti dell'ansia e della paura, provocando aumento della motilità intestinale, rilascio di citochine (molecole che stimolano l’infiammazione) e aumento della sensibilità e infiammazione della mucosa intestinale. Ciò può determinare, per esempio, l'insorgenza della sindrome del colon irritabile o delle malattie infiammatorie intestinali (IBD). In soggetti affetti da sindrome del colon irritabile è stata documentata una composizione intestinale batterica alterata rispetto ad individui sani. In molti studi, addirittura oltre il 50% di chi soffre di disturbi del tratto digerente, ha già ricevuto anche una diagnosi psichiatrica.
D'altro canto, stati di infiammazione intestinale determinano una iper-attivazione dell'enzima deputato alla demolizione della serotonina. In tali condizioni, una concentrazione troppo bassa di questo neurotrasmettitore può portare all'insorgenza di stati depressivi.

E’ possibile intervenire e modificare i dialoghi mente-intestino?

La risposta è sì e se le condizioni di salute dei pazienti lo richiedono, si può agire in due modi:
  • trasferendo microbiota sano all’interno dell’intestino di un individuo malato, praticando il cosiddetto trapianto di microbiota fecale;
  • assumendo nuove formulazioni di farmaci che contengono psicobiotici.

Nonostante il trapianto del microbiota fecale (FMT) sia praticato da oltre 50 anni, lo studio di questa procedura e il suo impiego clinico, sono cresciuti soprattutto negli ultimi anni, a seguito dell’aumento esponenziale dell’interesse verso il microbiota e del suo ruolo nella salute umana.

La tecnica consiste nel trasferire materiale fecale da un donatore sano ad un paziente malato. Attualmente il trapianto ha una sola applicazione clinica: la colite recidivante da Clostridium difficile (batterio fortemente patogeno per l’uomo). Questo approccio terapeutico ha dimostrato un’efficacia dell’85-95%, mentre la terapia antibiotica standard si ferma al 20-30%.

Ma il trapianto di microbiota fecale è anche utilizzato in ricerca per studiare altre patologie intestinali, psichiatriche ed anche l’obesità.  Ad esempio, in patologie infiammatorie intestinali come il Morbo di Crohn, la Colite Ulcerosa e la Sindrome del Colon Irritabile, questo tipo di trapianto ha dimostrato di migliorare significativamente i sintomi dei pazienti.
Inoltre, nello studio della condizione di sovrappeso grave e dell’obesità, si è dimostrato che topi normopeso a cui veniva trasferito il microbiota di topi sovrappeso, ingrassavano nonostante seguissero una dieta ipocalorica controllata.

Riuscite poi a immaginare di sentirvi depressi, stressati o ansiosi e invece di prescrivervi farmaci, il medico vi consigliasse di assumere dei fermenti lattici? Non è più solo una fantasia, infatti gli psicobiotici stanno diventando la nuova promessa nel campo delle Neuroscienze.
Si tratta di organismi viventi che, se ingeriti nelle giuste quantità, sono benefici per la salute mentale umana. A differenza dei probiotici, gli psicobiotici contengono quei ceppi di batteri, selezionati per la loro capacità di modulare la funzione della corteccia surrenale e di produrre neurotrasmettitori.
Naturalmente, questo non significa che gli psicobiotici siano l’elisir perfetto per curare le malattie mentali, né si può pensare di utilizzarli per renderci più socievoli o più avventurosi. Potrebbero però rappresentare una valida alternativa per i soggetti a cui è stata diagnosticata depressione o sindromi intestinali, che però non rispondono ai farmaci convenzionali o che soffrono maggiormente degli effetti collaterali.

Comincio a preoccuparmi, cos’altro sanno fare i batteri intestinali?

Stressato, ansioso, aperto, socievole, tratti della nostra personalità che crediamo essere il risultato dei nostri geni, dell'educazione ricevuta, delle esperienze vissute, invece potrebbero essere correlati anche al tipo di batteri che ospitiamo nel nostro organismo.

Alcuni studi condotti su topi da laboratorio suggeriscono infatti, che dalla composizione della flora batterica intestinale dipenderebbe il modo di reagire agli stimoli esterni. Per giungere a questa affermazione i ricercatori hanno realizzato scambi di microbiota intestinale fra topi dal comportamento opposto. In particolare in uno studio, un gruppo possedeva un profilo timido e ansioso, mentre un altro dimostrava un comportamento esplorativo. Dopo che il microbiota intestinale è stato scambiato, i ricercatori hanno constatato un cambiamento nei tratti della personalità e, di conseguenza, nel comportamento di entrambe le cavie. Un po’ come in uno di quei film della domenica pomeriggio, in cui madre e figlia esprimono un desiderio e per magia finiscono per scambiarsi il corpo, i topolini timidi diventavano improvvisamente degli esploratori senza paura, mentre l’altro gruppo diventava un gruppo di topi stressati.

Diversi esperimenti hanno inoltre evidenziato che topi germ-free risultano più sensibili allo stress e tendenzialmente solitari; mentre quelli provvisti di normale microbiota dimostrano di essere più socievoli e prudenti, grazie ad un più forte spirito autoconservativo.

I diversi ceppi batterici che compongono la flora intestinale avrebbero pertanto un effetto non trascurabile su quello che siamo e sul nostro modo di agire. Il microbiota comunica direttamente con il nostro cervello producendo neurotrasmettitori e neuromodulatori, interferisce con il normale metabolismo digestivo, ci rende più felici o più depressi, e magari anche più socievoli o prudenti, ci fa percepire l’ansia e lo stress ma potrebbe anche aiutarci a curare malattie e disturbi intestinali, nonché offrirci nuove vie terapeutiche, alternative ai classici farmaci di sintesi.
Questo del microbiota è un mondo davvero affascinante e pensare che organismi di pochi micrometri abbiano un così grande effetto su di noi, stupisce e spaventa allo stesso tempo. Di certo, essendo un campo attualmente in forte esplorazione, ci auguriamo di avere presto maggiori informazioni grazie a studi sull'uomo, che potrebbero rivoluzionare sia le conoscenze scientifiche attuali sia le opzioni terapeutiche oggi disponibili.

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