Vaccini: giocare con le statistiche è un gioco pericoloso

 Da un po' si leggono statistiche e notizie sulla condizione e sull'efficacia dei vaccini. Da "in ospedale ci sono più vaccinati che non" a "la maggioranza dei morti era non vaccinata" queste notizie rimbalzano sulla rete prendendo spesso come base le stesse statistiche.

Giocando correttamente con le statistiche chiunque potrebbe dimostrare quello che vuole. Questo perché la statistica è una materia complessa. Fatta di modelli matematici, calcoli, equazioni e dati complessi, risulta spesso essere una delle materie più ostiche e odiate da chi studia materie scientifiche. Tuttavia è fondamentale per comprendere il mondo, i numeri sono complessi e senza contesto ed analisi, come vedrete in questo post, dagli stessi possono emergere conclusioni contrastanti. Analizzare dati nella totalità, divisi per categorie, frazionati in fasce di età o scegliere denominatori diversi per un calcolo può portare a conclusioni inconciliabili.

Parliamo quindi, come avrete capito, dell'efficacia dei vaccini e per analizzarlo cercheremo di usare i dati di 3 report dell'Istituto Superiore di Sanità.
Per una prima analisi vedremo insieme i dati dell'ultimo report uscito il 28 luglio, mentre dopo faremo una riflessione riguardante i 3 report.

Vaccini: l'efficacia (o meglio le efficacie) al 28 luglio

Secondo l'ultimo report pubblicato pubblicato al 10 luglio in Italia si contavano 17689384 persone che avevano completato il ciclo vaccinale, 13741130 persone con ciclo vaccinale incompleto e 22879167 persone sopra i 12 anni senza nemmeno una dose. Non mi dilungo sul fatto che nei dati successivi i contagi, le ospedalizzazioni e le morti siano a date diverse e prenderò buono questo dato per valutare l'efficacia della vaccinazione. Fatto sta che l'efficacia viene valutata su un arco di 30 giorni.
In un mese quindi ci sono date 60038 diagnosi di SARS-CoV-2, di cui 2115 ospedalizzate, 150 sono finite in terapia intensiva e 237 persone sono decedute.

Le diagnosi di nuovo coronavirus sono state 40729 fra i non vaccinati, 12032 fra i vaccinati con ciclo incompleto e 7277 fra i completamente vaccinati. Le persone ospedalizzate positive erano 1619 fra i non vaccinati, 216 fra i vaccinati con ciclo incompleto e 280 erano le persone positive ospedalizzate che hanno completato il ciclo vaccinale. In terapia intensiva 123 persone erano non vaccinate, 11 vaccinate con ciclo incompleto e 18 completamente vaccinate. 169 persone non vaccinate sono decedute positive al SARS-CoV-2, 30 erano parzialmente vaccinate e 38 completamente vaccinate.

Secondo questi dati quindi il 0.178% dei non vaccinati ha contratto il coronavirus contro lo 0.088% di quelli parzialmente vaccinati e lo 0.042% di quelli completamente vaccinati. Tra i positivi il tasso di ospedalizzazione è stato il 3.975% nei non vaccinati, il 1.795% fra chi non ha completato il ciclo e il 3.848% fra chi ha fatto tutto il ciclo. Hanno occupato le terapie intensive lo 0.302% dei positivi non vaccinati, lo 0.091% di chi, positivo, aveva una vaccinazione incompleta e lo 0.22% di chi era completamente vaccinato. La letalità del virus è stata dello 0.415% fra i positivi non vaccinati, lo 0.249% fra i positivi con ciclo incompleto e lo 0.522% fra i positivi con ciclo completo.

Ma quindi muoiono di più i vaccinati dei non vaccinati?

E per non essere ricoverati è meglio avere una dose sola? Perché a guardare numeri e percentuali potrebbe sembrare così.
Un'analisi del genere non è corretta per varie ragioni. La prima è che si va a vedere le percentuali sui positivi. Queste percentuali sono però mitigate dal tasso di circolazione del virus che è più di 4 volte inferiore nei vaccinati rispetto a quelli non vaccinati. Questa mitigazione fa sì che se tutta la popolazione fosse stata vaccinata nell'arco di 30 giorni avrei avuto 119 decessi da coronavirus contro i 237 effettivamente registrati. Inoltre l'analisi non va a stimare fasce di età più o meno vaccinate.
Infatti se si fraziona il dato per fasce di età si nota come la letalità, ma anche gli altri parametri, calino praticamente sempre a seconda dello stato vaccinale.

Le percentuali nelle fasce 12-39 e 40-59 sono talmente basse che fare un confronto fra vaccinati con ciclo incompleto e completamente vaccinati per quanto riguarda i tassi di ospedalizzazione, terapie intensive e decessi diviene inutile e statisticamente irrilevante. L'unico confronto possibile è nel tasso di circolazione e nel confrontare chi ha ricevuto almeno una dose e che non ne ha ricevuta nessuna.

Diverso è il caso degli ultra sessantenni dove il vantaggio di un ciclo vaccinale completo rispetto a quello non completato è maggiore.

Ma allora perché nelle varie fasce di età si evidenzia un vantaggio più generalizzato mentre nell'analisi completa no?
Per delle differenze nei denominatori. Ci sono due categorie di età in cui le disparità numeriche tra vaccinati e non è enorme e questo inficia l'analisi globale. Nella fascia 12-39 al 10 luglio quasi il 69% delle persone non aveva ricevuto nemmeno una dose, mentre nella fascia over 80 solo il 10% scarso era in queste condizioni. Le due fasce inoltre hanno rischi basali per COVID-19 estremamente diversi e ciò andrebbe considerato in un'analisi generale.
D'altro canto se si volesse fare un'analisi "pro-vaccini" si potrebbe dire che il 67.8% dei positivi era non vaccinato, lo stesso per il 76.5% dei ricoverati, lo 82% delle terapie intensive e il 71.3% dei morti. Ma anche questa analisi risulterebbe parziale, perché non rifletterebbe il numeratore di base.
Per capirci, se il 76.5% delle persone fosse non vaccinato allora questo vorrebbe dire che il vaccino non protegge dai ricoveri. Però è chiaro che quando, facendo un esempio estremo il 99% della popolazione fosse vaccinata allora potrei anche vedere che il 100% dei ricoverati è vaccinato, ma questo comunque restituirebbe un confronto insensato sull'efficacia vaccinale. Ma non è così: al 10 luglio il 42.4% scarso era non vaccinato e quindi si può fare un confronto più sensato. Ma anche questo rapporto non restituisce completamente la realtà dei fatti.
Insomma, le analisi da fare sono tante e complicate. Solo quindi attraverso una visione dettagliata della realtà si può riuscire a stimare l'efficacia dei vaccini.

Per questo il bollettino usa il modello di Poisson per calcolare l'efficacia dei vaccini e non una "semplice" analisi basata sulle percentuali. Un conto è se le tre fasce (non vaccinati, vaccinati con ciclo incompleto e vaccinati completamente) fossero divise all'incirca 1/3, 1/3, 1/3, ma non essendo così i modelli matematici per l'effettiva efficacia devono essere modellati diversamente.

Ma quindi i vaccini funzionano?

Beh di sicuro non annullano i rischi. La possibilità di contagiarsi si riduce, e anche di parecchio, ma permane. Al 10 luglio inoltre la variante Delta (più contagiosa e con un immune-escape maggiore) non era così prevalente nel nostro territorio. La fascia 12-39 (guarda caso la fascia meno vaccinata e con più vita sociale) sembra essere la fascia dove il contagio corre più velocemente mentre la fascia con più di 80 anni sembra essere quella più protetta dal contagio. Per le persone con meno di 50 anni i rischi di ospedalizzazione e morte calano con una dose di vaccino, ma al momento è impossibile fare un'analisi accurata della differenza fra 1 e 2 dosi di vaccino ricevute. Per gli over 60 invece completare il ciclo vaccinale conviene rispetto a non completarlo, sia per quanto riguarda il rischio contagio che per eventuali complicanze.
Chi pretende un annullamento del rischio (che sia contagio, ospedalizzazione o morte) chiede qualcosa che nessun vaccino potrà mai fare. Fin quando il virus circolerà (e non abbiamo segnali che voglia smettere di farlo) esisterà una, seppur minima, possibilità che un vaccinato possa contrarre il virus, che qualcuna di queste persone finisca in ospedale e che, purtroppo, qualcuno muoia. Il 100% nelle scienze moderne (medico/biologiche in particolare) non esiste.
Ma, da questi dati, vaccinarsi conviene per ridurre i rischi.

Una piccola riflessione di statistica

Per capire perché, andando avanti, potrà sembrare che i vaccinati si ammalino più dei non vaccinati cerchiamo di fare un esempio.
Immaginate di avere 1000 persone, il 95% delle persone che NON ha un fattore di rischio, ad esempio il fumo, e il 5% di popolazione che invece fuma. Guardando in un anno i casi di tumore al polmone in un anno potrei vedere 1 caso di tumore al polmone nelle 50 persone che fumano e 22 casi nei 950 non fumatori. Quindi nei fumatori ho il 2% di incidenza di tumore al polmone, mentre ho il 2.3% di incidenza nei non fumatori. Ma quindi fumare protegge dal tumore al polmone? No, si chiamano fluttuazioni statistiche dovute all'enorme differenza e quindi alla non comparabilità delle popolazioni esaminate. Per un'analisi più accurata andrebbero prese popolazioni in cui, idealmente, la percentuale di fumatori e non fumatori si avvicina al 50%.
Nel nostro caso, la discrepanza ad esempio è evidente nella letalità: se prendiamo tutte le fasce di età in maniera separata si nota come tra vaccinati e non questo parametro cali sempre, mentre se prendiamo il dato globale la letalità del virus sembra addirittura maggiore nella popolazione completamente vaccinata rispetto a quella che non ha ricevuto nemmeno una dose di vaccino. Magie dei numeri, ma su cui è facile giocare.

Questa cosa è quella che sta attualmente accadendo per le popolazioni under 40 e over 80 per i vaccini anti COVID-19 in Italia. La prima popolazione (a basso rischio di finire in ospedale) è attualmente poco vaccinata, la seconda (ad alto rischio) è molto vaccinata. Sarebbe anche quindi lecito aspettarsi che nelle popolazioni a rischio la percentuale di vaccinati ricoverati fosse maggiore rispetto ai pochi non ancora vaccinati. Ma così non è. Questo spinge quindi a considerare che i vaccini funzionino. Diventerà quindi normale ed ovvio che, aumentando la popolazione vaccinata, la quota di eventi che si vuole prevenire diventerà maggiore, sia per numeri assoluti ed, ad un certo punto anche per percentuali, proprio nella popolazione vaccinata rispetto a quella non vaccinata. Il confronto che va fatto è quindi temporale: quanto erano frequenti gli eventi quando le quote di vaccinati e non erano diverse? Ci sono strumenti statistici per fare un reale confronto?
Perché diventerà facile, per chi vuole fare speculazione, sparare numeri e sentenze a caso senza analizzare il contesto.

I tre bollettini confrontati: quanto siamo bravi a vaccinare?

Ora vediamo i vari bollettini per capire se e in che misura siamo bravi a vaccinare.
Al 26 giugno il 50.11% della popolazione over 12 risultava non vaccinata, il 24.1% aveva ricevuto una dose e il 25.79% era completamente vaccinato. Al 3 luglio il 45.82% era non vaccinato, il 25.7 risultava in attesa di completare il ciclo e il rimante era completamente vaccinato. Il 10 luglio, come già detto, il 42.36% non era vaccinato, il 25.44% era in attesa di completare il ciclo e il 32.2% risultava aver fatto completamente l'iter vaccinale.

Da questa semplice analisi si può già intuire come, a livello di sistema Italia, siamo molto "più bravi" con le seconde dosi (il vaccino monodose J&J è poco utilizzato e influisce in minima parte) rispetto a procedere con le prime dosi. Cosa confermata anche dai dati pubblicati ad esempio da "ourworldindata" che evidenzia proprio un aumento molto più rapido nella popolazione completamente vaccinata rispetto a chi ha fatto solo una dose.

A livello di popolazione la fascia over 60 (quella più a rischio) al 26 giugno era completamente vaccinata per il 48.09% mentre al 10 luglio questa quota superava il 57%. Quote quasi diametralmente opposte per gli under 60 dove al 10 luglio più del 59% non aveva ricevuto nemmeno una dose e solo il 16.42% risultava essere pienamente vaccinato.

Tuttavia, come visto dai dati di efficacia, soprattutto nelle fasce giovani, una dose è più che sufficiente a dimezzare la capacità di circolazione del virus e ridurre i rischi di complicanze gravi. Questo non vuol dire che non bisogna procedere con cicli vaccinali completi, ma che bisogna fare -a parere dello scrivente- una maggiore opera di somministrazione almeno delle prime dosi e convincimento nelle fasce giovani, in vista soprattutto delle riaperture delle attività scolastiche ed educative in autunno. Diversa forse l'opera per gli over 60 dove la quota di non vaccinati è minore e i vantaggi di un ciclo vaccinale completo è più evidente. In questa fascia forse ci sono da capire maggiormente i motivi per cui la quota di non  vaccinati fa fatica a scendere (in due settimane è scesa solo dello 0.9% circa) ed agire in maniera mirata.

State attenti a titoloni e speculazioni: giocare con la statistica è un gioco pericoloso. Si può dimostrare tutto e il contrario di tutto. I numeri parlano solo se li si sa ascoltare e non è da tutti farlo.

Non è quindi corretto né fare una narrazione "pro-vax" né una "no-vax". L'analisi oggettiva dei dati mostra i giusti vantaggi della vaccinazione. Questa riduce i rischi, soprattutto nelle fasce anziani ma anche giovani, ma anche la circolazione virale alla faccia della narrazione che il vaccino serve solo a proteggere dai danni.

Spero che l'articolo vi sia stato utile. Per domande, dubbi e critiche (costruttive), la sezione commenti è qui sotto.

FONTI
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_28-luglio-2021.pdf
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_14-luglio-2021.pdf
https://www.epicentro.iss.it/vaccini/pdf/report-valutazione-impatto-vaccinazione-covid-19-30-lug-2021.pdf
https://ourworldindata.org/covid-vaccinations

Commenti

Post popolari in questo blog

+++ATTENZIONE! RICORDATI CHE DEVI MORIRE!+++ Quando dovresti avere paura anche di un foglio di carta

Pesci grandi, pesci piccoli, pesci ogm e... acqua calda!

Etciù! Salute! Benvenute allergie