Pizza da... Ig-Nobel

Il premio per le ricerche stravaganti e divertenti si chiama Ig-Nobel ed è stato creato nel 1991 per premiare le ricerche scientifiche più strane che sennò non verrebbero prese in considerazione dalla "scienza canonica".
Gli organizzatori sperano di stimolare la curiosità delle persone attraverso queste ricerche "strampalate" per avvicinarle di più al mondo della scienza. L'obiettivo, infatti, sarebbe quello di far avvicinare le persone al mondo della scienza prima facendo sorridere e poi pensare. 
La cerimonia si tiene ogni anno ad Harvard e non prevede premi in denaro. Le categorie sono 10 e vogliono ricalcare le più celebri categorie del premio Nobel: anatomia, medicina, biologia, chimica, educazione medica, fisica, ingegneria, psicologia, pace, ed economia.
Tutte le candidature sono spontanee e chiunque può inviare la propria ricerca sperando nel giudizio "positivamente stravagante" della commissione. Tuttavia è anche possibile rifiutare un Ig-Nobel, anche se, vista poi la natura spontanea e divertente della candidatura, assai raramente è stato rifiutato.

Ma arriviamo alla notizia in sé: quest'anno l'Ig-Nobel per la Medicina lo ha vinto un italiano.
Si chiama Silvano Gallus ed è un ricercatore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri a Milano.
Capo Laboratorio di Epidemiologia e Stili di vita del Dipartimento di Ambiente e Salute, attualmente si occupa di studiare e mettere in atto una lotta contro tabagismo e anche sigarette elettroniche, tuttavia tra il 2003 e il 2006 si è occupato di nutrizione ed è stato premiato proprio per tre ricerche sulla pizza che ha svolto in quegli anni.



Tutte e tre vanno ad analizzare un parametro statistico, detto Odds Ratio, fra rischio di certe patologie e consumo di pizza.
In particolare, gli studi del 2003 e del 2006 analizzano l'eventuale ruolo protettivo del consumo di pizza nello sviluppo di tumori, mentre uno del 2004 studia la relazione fra pizza e infarto.
Vediamoli assieme.

Il primo del 2003 è uno studio retrospettivo caso-controllo che confronta pazienti ricoverati in ospedale tra il 1991 e il 2000 andando a vedere se ci sono differenze tra chi è stato ricoverato per tumore e chi no. In questo caso i casi (scusate il gioco di parole) sono i ricoverati per tumori al tratto oro-faringeo e digestivo, mentre i controlli sono quelli ammessi in ospedale per motivi diversi (traumi, fratture, problemi articolari...) andando poi a vedere se tra i casi ci fosse una relazione con il consumo di pizza.
Beh, i risultati sono abbastanza diretti: per tutti i tumori analizzati (cavo orale e faringe, esofago, laringe, colon e retto) i consumatori di pizza avevano una probabilità inferiore di svilupparli rispetto ai non consumatori. La probabilità non sempre è risultata proporzionale al numero di pizze mangiate, ad esempio per il tumore al retto i consumatori occasionali (cioè coloro che mangiano da una a quattro pizze al mese) hanno una probabilità inferiore rispetto ai regolari (una o più pizze a settimana), tuttavia sempre inferiore ai non consumatori (meno di una pizza al mese).
Il secondo studio, del 2006, sempre sul cancro, invece va a vedere la relazione fra consumo di pizza e tumori "sessuali" quali il tumore al seno, quello alle ovaie e quello alla prostata. I risultati mostrano che, tranne una lieve riduzione del tumore al seno, il rischio di sviluppare tumori legati agli ormoni, sia slegato al consumo di piazza (anzi per il tumore alla prostata, sembra esserci un leggero aumento).

Andiamo sull'infarto.
Uno studio del 2004, forse il più complicato dei tre, è l'unico che parla effettivamente -nella discussione- di pizza di pizzeria.
Lo studio, svolto su pazienti ospedalizzati a Milano tra il 1995 e il 1999, mostra il rischio di avere infarti acuti del miocardio in varie classi di popolazione in reazione al consumo di pizza.
In linea generale si evidenzia come consumare almeno 200 grammi di pizza a settimana riduca il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari; tuttavia in un paio di classi (giovani sotto i 55 anni e persone sovrappeso, cioè con un indice di massa corporea superiore a 25) il consumo di pizza rappresenta un leggero fattore di rischio aumentato.

Queste ricerche, che presentano i classici limiti degli studi retrospettivi in ambito nutrizionale come il fatto che si basano su questionari, che hanno un numero limitato di pazienti, che analizzano una sotto classe di persone (in questo caso pazienti ospedalizzati esclusivamente in Italia), non dimostrano -e lo dicono gli autori stessi- che sia la pizza in sé e per sé protettiva.
La pizza infatti si dimostra essere un indicatore di dieta mediterranea.
La dieta mediterranea è stato già dimostrato, anche da Gallus stesso nel 2004, un fattore importante per mantenere una buona salute. La pizza (soprattutto quella "artigianale") contiene molti alimenti protettivi come salsa di pomodoro, olio di oliva, pochi o nulli grassi animali che contribuiscono a proteggerci da cancro e malattie cardiovascolari (link nelle fonti). 

Ma allora perché non parlare sempre e subito di dieta mediterranea? Beh per vari motivi.
Prima di tutto è più difficile valutare un insieme di alimenti (olio, verdure, pesce ecc ecc...) che un alimento solo e poi perché (se pensiamo soprattutto al premio vinto) è più divertente e attraente rispetto ad una dieta completa.


Alla fin fine, la pizza mette d'accordo tutti.

FONTI:
ilgiorno.it/milano/cronaca/nobel-pizza-1.4781702

https://www.marionegri.it/personale/silvano-gallus
https://unaricercadice.blogspot.com/2019/08/retrospettivo-descrittivo-prospettico.html
https://www.eupati.eu/it/glossary/studi-caso-controllo/
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/ijc.11382
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16374234
http://ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15138460
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15452458
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31547615
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31254553
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29244059

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