Il caffè e il limite del numero 6. Parliamone...

Quante tazzine di caffè possiamo bere?
Così titolavano Repubblica accompagnato da altri giornali (1, 2, 3, 4... per dirne alcuni): sei sarebbe il numero massimo secondo queste riviste.
Ma è proprio così?
Come nel mio stile ho approfondito la cosa e oggi ve ne parlerò un po'.
Tutto parte da questa ricerca scientifica che analizza un database inglese di 347077 persone tra i 37 e i 73 anni. Le persone sono state classificate, oltre che per l'età, in base a quanti caffè dichiaravano di bere al giorno: nessuno, caffè decaffeinato, meno di una tazza al giorno, 1-2 tazze al giorno, 3-4 tazze al giorno, 5-6 tazze al giorno o più di 6 tazze al giorno. Da questo database si è cercato di estrarre se il consumo di caffè era correlato all'incidenza di malattie cardiovascolari basandosi su più di 8000 casi registrati.
In realtà lo scopo di questo studio non era propriamente quello di capire la relazione fra caffè e malattie cardiovascolari (CVDs), ma di esaminare se alcune varanti genetiche riguardi il metabolismo della caffeina, in particolare il genotipo legato al gene CYP1A2 (una ossidasi che da il via al metabolismo della caffeina), modificassero l'associazione tra consumo abituale di caffè e rischio di malattie cardiovascolari.
Lo studio conclude che le varianti metaboliche del metabolismo della caffeina non sono associate ad un aumentato rischio di CVDs. Lo studio quindi non può essere usato per capire quanti caffè possiamo bere al giorno, anche se, come vedremo in seguito, da delle indicazioni sul rischio riguardo alla assunzione di caffè.

Infatti lo studio è di tipo prospettico. Brevemente, uno studio prospettico osserva gli esiti, come lo sviluppo di una malattia, durante un periodo di studio e mette in relazione quest'esito con altri fattori, come il sospetto fattore di rischio (nel nostro caso il consumo abituale di caffè).
Sostanzialmente i ricercatori hanno osservato 347077 persone monitorandone (secondo le dichiarazioni dei partecipanti) il consumo medio di caffè e lo sviluppo di malattie cardiovascolari.
Lo studio analizza anche altre varianti quali il fumo, l'indice di massa corporea (BMI), l'attività fisica, il consumo di alcool e thè, ma il rischio di associato a questi fattori viene, in termini statistici, normalizzato. In parole povere all'interno di ogni gruppo il rischio associato ad altri fattori viene escluso: all'interno, ad esempio, di chi beve più di 6 caffè al giorno il rischio associato al fumo di sigaretta viene considerato uguale per tutte le classi di fumatori escludendo quindi una possibile associazione tra il consumo di caffè e correlate abitudini di vita. Così facendo si considera (nella pratica, a livello matematico è po' più complicata la cosa) solo uno tra i tanti fattori di vita escludendo effetti combinati ed associati tra più fattori e abitudini: rimanendo nell'esempio di prima se un elevato consumo di caffè fosse associato anche ad una maggiore propensione al fumo ed ai suoi rischi, questo fatto non viene calcolato.
Altra cosa fondamentale è il gruppo di controllo: in questo caso la "normalità" viene in modo arbitrario -ma assolutamente legittimo- affidata alle persone che consumano tra 1 e 2 caffè al giorno, comparando il rischio di sviluppare CVDs degli altri gruppi a questo: a ben guardare i risultati della ricerca chiunque beva una quantità diversa da questa quantità ha un rischio più elevato di sviluppare malattie cardiovascolari, infatti chi non beve caffè ha una probabilità più elevato di incorrere a malattie cardiovascolari dell'11%, chi beve caffè decaffeinato del 7% e chi beve più di 6 caffè del 22%, ma anche chi beve 3-4 caffè risulta avere un rischio del 5% più alto e chi ne beve meno di 1 del 1% più alto.
Quindi a bene guardare la notizia sarebbe dovuta essere così "Bere un po' di caffè al giorno protegge il cuore", ma vabbeh.... sappiamo com'è il giornalismo in italia.

Detto ciò vediamo i limiti di questa ricerca.
Il primo è che la ricerca non è randomizzata: cioè non si sono prese le persone e fatto assumere delle quantità predefinite di caffè indipendentemente dalle loro altre abitudini (quindi distribuendo in modo omogeneo le varie altre abitudini e il consumo di caffè). Ma si è andato ad osservare cosa succedeva su delle popolazioni che già assumevano il caffè e che, di fatto, associavano quel consumo ad altri comportamenti in modo probabilmente non casuale.
Con la randomizzazione avremmo dovuto avere le stesse percentuali di fumatori e non fumatori tra chi non consuma caffè e chi lo consuma, ma -dati alla mano- non è così.
Ad esempio solo il 9.1% di chi non beve caffè è anche fumatore, contro il 32% di chi beve più di 6 caffè al giorno. E il fumo di sigaretta è -anche per questa ricerca- direttamente correlato allo sviluppo di CVDs: solo il 2% dei non fumatori sviluppa malattie cardiovascolari contro il 7.8% di chi fuma più di 25 sigarette al giorno.
Ma questo è solo un esempio, stesso discorso potrebbe essere fatto per altri indicatori di salute come obesità, attività fisica e altri parametri.

Problema similare è il cosiddetto "self-reported", cioè il fatto che siano le persone a dichiarare quanti caffè bevono al giorno e categorizzarle in sezioni stagne. Sappiamo benissimo come infatti le abitudini sul consumo di caffè variano molto: c'è chi lo consuma solo la mattina, chi lo beve anche la sera, chi amaro, chi macchiato, chi zuccherato... e poi il caffè inglese è,per dirne una, diverso da quello italiano...
Sempre in questo tipo di limite si può inserire il fatto di mettere la categoria di chi beve caffè decaffeinato in un'unico gruppo indipendentemente dal numero. Questo è comprensibile, visto lo scopo della ricerca, ma di fatto è un limite.
Da Reyes and Cornelis 2018

Ultimo e importante limite è il considerare come fonte principale di caffeina il caffè. Esistono molte altre fonti di caffeina, dal thè alle bevande energetiche a quelle tipo cola... In particolare nella popolazione inglese è il thè la bevanda contente caffeina più consumata. E, seppur un thè contenga (in media) un po' meno caffeina di un caffè, la quantità può fare la differenza.
Altre ricerche in passato hanno confermato come nel mix di fonti di caffeina sia il thè mediamente a farla da padrone. E questa ricerca conferma i dati con circa solo 9200 persone che consumano più di tre caffè al giorno contro le 200000 circa che bevono più di 3 thè al giorno.

Insomma, trarre una conclusione generale da una ricerca che non aveva lo scopo di porre un limite al numero di caffè (ricordo infatti che voleva stabilire la relazione tra una variante genetica e lo sviluppo di malattie cardiovascolari) fatta, tra l'altro, su una popolazione particolare come quella inglese è sbagliato.

Questa ricerca tra l'altro non è una vera e propria nuova notizia: esistono già linee guida, consigli e ricerche (1, 2, 3, 4, 5, 6... per dirne solo alcuni) (anche meglio fatte e più complesse) che confermavano questa analisi.

Insomma nessun limite del "6 caffè", ma -soprattutto se si parla di alimentazione- la parola chiave è moderazione.

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