Raccontiamo la Mostra sul Cambiamento Climatico

Oggi vi voglio parlare della mostra "Capire il cambiamento climatico" - Experience exhibition" organizzata dal Museo di Storia Naturale di Milano.
La mostra è promossa e prodotta dal Museo di Storia Naturale di Milano, Comune di Milano - Cultura, OTM Company e Studeo group in collaborazione con National Geographic Society e con la curatela scientifica di Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana. La mostra sarà aperta al pubblico dal 7 marzo al 26 maggio 2019.

La mostra è di tipo immersivo e interattivo dove il pubblico non solo può vedere e capire i dati e gli effetti del Global Warming, ma si immerge in un'esperienza anche interiore e "spirituale". Vengono coinvolti la vista e l'udito, in un qualcosa che punta a stimolare sia l'intelletto che l'emozione stimolando il visitatore ad agire capendo cosa può fare lui di concreto e anche su "sfidandolo" a fare meglio.

Una mostra forse più utile alle "nuove leve", alle generazioni che stanno costruendo l'oggi e -sopratutto- il domani; ma utile anche per le "vecchie guardie", per capire dove eventualmente hanno sbagliato e/o per smontare loro convinzioni.


La mostra si pone tra le prime (su questo argomento) ad essere uno spazio narrativo ed esperienziale in cui i visitatori scoprono le cause e gli effetti attuali e futuri del riscaldamento globale, attraverso foto, audio e tecnologie.
Questa mostra, nonostante riesca ad affrontare in modo crudo un tema drammatico, non pone davanti allo spettatore la catastrofe o disastri immondi, bensì uno scenario realistico e crudo. La Terrà non sta morendo, ma sta soffrendo, soffocando e mutando. A scomparire però potrebbero essere le condizioni per la vita come la conosciamo, anche quella umana.

Capire le cause e conoscere gli effetti del riscaldamento globale è un passo fondamentale per contrastare questa tendenza e cambiare il corso del nostro futuro.

A discapito del tema del riscaldamento globale, il mero aumento della temperatura è toccato quasi marginalmente.
Nonostante il 2018 sia stato il quarto anno più caldo della storia a livello globale e il primo anno più caldo in Italia, Francia e Svizzera negli ultimi 200 anni (e il motivo non è che prima ci fossero anni più caldi, è che non c'erano i dati), gli oltre 300 scatti fotografici realizzati dal National Geographic, puntano a raccontare le modifiche e le trasformazioni causate da questi aumenti di temperatura e dall'inquinamento che l'uomo causa. Dalla fusione dei ghiacci perenni, ai fenomeni meteorologici estremi, dai crescenti periodi di siccità all'aumento del livello dei mari, dall'estinzione di specie animali al riciclo dei rifiuti... Si vuole mostrare come questi temi e cambiamenti interessino tutti a livello globale e che tutti possiamo e dobbiamo fare qualcosa.

La mostra si divide sostanzialmente in tre sale con ruoli diversi.
Il primo momento è quello dell’esperienza.
La prima sala ci accoglie con foto e video di una natura meravigliosa e rigogliosa. Un mondo "come dovrebbe essere", pure l'uomo ne fa (anche se marginalmente) parte. La natura è rigogliosa, pure e deserti e ghiacci sono mostrati belli e "bucolici". Musiche e suoni ci fanno entrare per molti minuti quasi in una fiaba.

Si entra quindi nella seconda sala dove invece ci accolgono immagini molto più crude e transizioni a forte impatto emotivo.


Qui si alternano immagini di natura bella e rigogliosa che con effetti quasi da "film horror" si trasmutano in immagini di natura in rovina, foreste popolate da orsi e puma diventano foreste in fiamme che arrivano a coinvolgere le nostre città e le nostre abitazioni, oceani pieni di pesce diventano pieni di petrolio e plastica, folle di persone in cammino fanno da contraltare a germogli che si ritirano.
Oltre a questi filmati che circondano le pareti della sala al centro si trovano dei pannelli espositivi con emozionanti audio dove gli animali "raccontano" in prima persona gli effetti del riscaldamento globale e dell'inquinamento sulla loro pelle.
L'ultimo pannello, prima di entrare nella terza sala, non a caso è il pannello dell'uomo che contrasta con gli altri come "specie in aumento".
Vi invito ad andare sul canale youtube del blog per sentire l'audio della tartaruga.

Nella terza ed ultima sala sono uniti gli ultimi due momenti: capire e agire.
Ad accoglierci qui sono tre pannelli scorrevoli touch screen alti 3 metri che ci mostrano consigli, forse alcuni un triti e ritriti (tipo farsi la doccia invece del bagno), su come risparmiare e far bene all'ambiente. Ci sono poi vari pannelli dove si vuole spiegare l'effetto e le cause dell'inquinamento e del riscaldamento globale. Ad ogni aerea tematica (acqua, inquinamento atmosferico, uso della plastica...) seguono dei quiz per i visitatori che servono a capire se le proprie abitudini di consumo e di stile vita siano virtuose o meno. Per esempio si può capire che uno stato inquinante non sempre è ciò che si pensa. Se è vero che la Cina è il paese più inquinate del mondo, è anche vero che ci vogliono due cinesi e mezzo per fare la quantità di COemessa da un americano. A finire quindi si riprendo in modo sintetico i consigli che ci hanno accolto all'entrata della sala, finalmente -si spera- capiti nei loro perché.

La linea chiave che ha guidato Luca Mercalli e che, a mio avviso, traspare dalla mostra ci sono è quello di scardinare il paradigma del dato.
Come ha spiegato in radio per troppo tempo gli scienziati si sono concentrati troppo sul comunicare i dati e a sollevare preoccupazioni su di essi, ma quel che è mancato -ed è evidente dal fatto che poco è cambiato- è la partecipazione emozionale che quel dato dovrebbe portare. La razionalità pura funziona fino ad un certo punto, la realtà è che la popolazione, la massa, non agisce solamente secondo impulsi razionali, anzi lo fa raramente. Se dobbiamo coinvolgere le persone dobbiamo prima di tutto emozionarle e far sì che siano queste emozioni a spingerle secondo i canoni giusti. Il global warming non può più essere appannaggio di scienziati, ma deve coinvolgere tutti includendo nelle politiche globali anche figure apparentemente distanti come sociologi e psicologi.
Senza entrare in discorsi troppo politi, per cambiare il mondo la sfida è prima culturale che tecnologica: dobbiamo abbondare la politica dello spreco e cambiare i nostri sogni.


Il Globo è come un organismo e ognuno di noi è una sua minuscola cellula: se tutti collaboriamo e facciamo il meglio allora staremo bene. Basta che qualcuno di noi rovini questa armonia che piano piano tutto l'organismo ne risentirà. Più siamo a comportarci male peggiori saranno le sofferenze. Dobbiamo capire che ognuno consuma risorse e non possiamo consumarne di più di quante ce ne servono e che il globo (cioè il nostro organismo terra) può produrre.
La volontà di National Geographic Society e degli altri curatori è di dare una visione globale del problema, allargando con le varie parti tematiche le frontiere dell'esplorazione scientifica coinvolgendo lo spettatore a tutto tondo, sia razionalmente che emotivamente, in modo da aumentare la conoscenza del pianeta e dare a tutti la possibilità di trovare soluzioni per costruire un futuro più sano e sostenibile

Ma non tutto l'oro vien per luccicare. Dal mio punto di vista ho dei dubbi sull'utilità della mostra: nonostante le intenzioni dei curatori siano chiare ed evidenti la mia perplessità rimane legata all'impatto. Lo spettatore già sensibile ai temi dell'ambiente molte delle info già le conosceva e, se va bene, capterà i punti dove può migliorare e si metterà in opera, ma lo spettatore poco sensibile -o addirittura scettico- ai temi del riscaldamento globale e dell'inquinamento rischia sempre di uscire da lì come dopo aver visto un film triste: l'emozione e la "call to action" svaniscono alla prima dormita o al limite dopo pochi giorni.
Sia chiaro non ho ricette facili e sicuramente questa mostra rappresenta qualcosa di innovativo nel piano della comunicazione scientifica. L'invito sicuramente è quello di andare a vederla e- semmai- smentirmi nei miei dubbi.

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